"La Stampa" 27 novembre 2003/Così difficoltà per la politica monetaria Ma quel patto è contraddittorio di Giorgio La Malfa E' stato il presidente della Commissione europea Romano Prodi a definire qualche tempo fa in una intervista al quotidiano francese Le Monde "stupido" il Patto di Stabilità. Una volta dato questo giudizio, avrebbe dovuto essere la Commissione, su iniziativa del suo Presidente, a proporre una riformulazione del Patto in modo da evitare di trovarsi a dover gestire con rigidità un meccanismo del quale risultava sempre più evidente una difficoltà di applicazione. La Commissione, invece, non ha saputo decidere tempestivamente se porsi alla testa di un processo di revisione inevitabile o presentarsi come il guardiano ed il baluardo dei testi scritti nei confronti dei Governi europei. Ha fatto la sua scelta; ha sperato fino all'ultimo che Francia e Germania non fossero in grado di raccogliere un numero di voti sufficiente per bloccare le proposte della Commissione. Ora non può certo recriminare sull'esito della impostazione da essa stessa scelta. Oltre tutto, come ha fatto osservare, con qualche ironia, il predecessore del Commissario Solbes, Thibault de Silguy e come ha giustamente ricordato il Ministro Tremonti, è lo stesso Trattato di Maastricht all'articolo 104C a stabilire che spetta alla Commissione fare una proposta di elevare una sanzione a carico di un paese per disavanzo eccessivo, ma è prerogativa del Consiglio Europeo decidere se tale proposta debba o meno essere accolta. L'Italia non avrebbe potuto assumere una posizione diversa da quella che ha assunto, non solo in quanto Presidente di turno del Consiglio Europeo, ma anche perché sarebbe stato sommamente ridicolo (oltre che controproducente) per un Paese che ha avuto e tuttora ha dei conti in disordine, ergersi a giudice e censore di Paesi che nel complesso hanno un record in materia di bilancio migliore del nostro. Aggiungo, con buona pace dell'on. Visco, che appare una posizione non meditata quella di esponenti di partiti di sinistra che chiedano l'applicazione di regole il cui fondamento è in una ortodossia fiscale (e monetaria) che non può appartenere a queste forze. Ho scritto molte volte che vi è una profonda contraddizione nel disegno dell'Unione Monetaria Europea, poiché essa trasferisce la responsabilità delle decisioni e della conduzione della politica monetaria a un organo sovranazionale, annulla la possibilità di gestione del rapporto di cambio fra l'Europa e il resto del mondo, attribuisce alla Commissione Europea un compito di controllo delle politiche di bilancio che restano però di competenza dei governi nazionali ma lascia a questi ultimi la completa responsabilità di rispondere ai loro elettori per ciò che riguarda il livello dell'attività produttiva e dell'occupazione. Si tratta di una impostazione contraddittoria e alla lunga insostenibile, come è evidente a chiunque ragioni seriamente di questi problemi e sarebbe stato indispensabile affrontare per tempo questi problemi che alla lunga mineranno la stabilità dell'euro in quanto tale. Da una situazione così asimmetrica si può uscire solo in due modi: o elevando a livello europeo le responsabilità complessive della politica economica e facendo carico alle istituzioni europee anche dei problemi che oggi restano affidati alle autorità nazionale, private però dei loro poteri essenziali, oppure "rinazionalizzando" progressivamente tutti gli strumenti della politica economica. A me è sempre sembrato che questa riflessione dovesse precedere l'avvio dell'euro o comunque essere avviata non appena, nel 1999, venne avviata la fase finale dell'Unione Monetaria. Così non è stato. Con le decisioni di ieri, è stata imboccata la seconda strada - quella della rinazionalizzazione delle politiche di bilancio. Questo vuol dire che alla lunga entrerà in difficoltà il meccanismo stesso della politica monetaria. Ho proposto più volte di affrontare questo problema. Lo si potrebbe fare ampliando la responsabilità della Banca Centrale Europea, includendo fra i suoi compiti e le sue responsabilità anche l'andamento generale delle economie europee e non solo l'andamento dei prezzi. Questa del resto è l'impostazione che gli Stati Uniti hanno adottato con lo Humphrey-Hawkins Act che affida alla Riserva federale sia il compito della lotta all'inflazione che quello di assicurare un'adeguata crescita dell'economia americana. Non volersi occupare seriamente di questo problema significa che, se non domani, entro qualche tempo anche questo problema verrà alla luce, con conseguenze ancora più serie di quelle che lasciano le decisioni di ieri dell'Ecofin. |