"Aderì alla vocazione democratica del Partito repubblicano italiano"

di Luigi Lotti

Colpiva immediatamente nello Spadolini docente alla " Cesare Alfieri", anche quando si soffermava su momenti o aspetti specifici dell'Italia risorgimentale e contemporanea, l'attenzione ai valori di fondo, alle motivazioni ideali, alle tensioni culturali, a quanto avrebbe pesato sui tempi medi e lunghi nella vita italiana. Valori che si identificavano con l'affermazione di libertà nel quadro unitario, con il graduale avanzamento e poi il definitivo attuarsi della democrazia, resa sempre più viva da una partecipazione generalizzata sostenuta da un'ascesa sociale straordinaria; valori che naturalmente comportavano una scelta basilare di legami con il mondo occidentale e atlantico. Che non erano solo legami di alleanza politica e militare ma di origini culturali e ideali, e perciò da consolidare nell'unificazione dei Paesi europei.

Tutto il suo insegnamento universitario, dal 1950 al 1968, rigorosissimo e innovativo sul piano storiografico per le tematiche affrontate - l'Italia vera dietro alla pur necessaria Italia ufficiale - era dettato da questo anelito, di ripercorrere le difficili tappe dell'avvento della democrazia.

A fianco dell'insegnamento, anche la sua attività giornalistica e soprattutto di direttore di quotidiani, il Resto del Carlino dal 1955 al 1968 e poi il Corriere della Sera fino al 1972, attesta delle scelte di fondo, pur nella quotidianità.

A maggior motivo esse sono alla base della seconda fase della vita di Spadolini, quella parlamentare, politica e istituzionale, che si aprì con l'elezione al Senato nel 1972 e che si sarebbe protratta fino alla scomparsa. E' la fase nella quale Spadolini si identificò anche formalmente con il Pri, dalle lontane e risorgimentali vocazioni repubblicane, democratiche ed europeistiche all'aspra battaglia del momento per la loro piena realizzazione.

In questo vi portava fermezza di principi, ma anche un senso costante di fiducia e di ottimismo, affrontando le difficoltà senza esasperazioni politiche, senza polemiche irriducibili, con la convinzione che la forza dei valori in cui credeva, sostenuta dal drammatico ma sicuro svolgersi degli eventi, avrebbe non solo condotto a vincere, ma anche a convincere gli oppositori. Che è il motivo che lo sospinse - lui così pronto, dinamico, immediato, talora irruente nelle decisioni - alla pazienza dell'attesa operativa per il futuro che cresce, alla tolleranza verso gli altri, chiunque essi fossero.

A nove anni dalla scomparsa mi si consenta di ricordare la suggestione del suo insegnamento universitario, con quel richiamo a valori perenni che poi avrebbero segnato tutta la sua vita.